Il commissariamento

Come in ogni democrazia che si rispetti, l’elezione del capo di un’istituzione avviene a maggioranza dei votanti. A maggior ragione se il capo in questione effettivamente dovrebbe rappresentare la svolta sportiva per un mondo calcistico mai così in basso dopo gli avvenimenti sportivi catastrofici causati da Italia – Svezia.

Tuttavia, anche in regime di democrazia può accadere, come del resto accade quando effettivamente c’è qualcosa che non va, che i votanti non siano così d’accordo nell’impersonificare il loro voto in un’unica direzione. A maggior ragione se, come in questo caso, i candidati erano ben 3. E forse qui c’è stato già il primo errore perché è difficile convincere la platea del proprio programma se si ha una sola opposizione, figuriamoci con ben due avversari cosa può succedere. Detto fatto. Alla terza votazione nessuno dei tre candidati Tommasi, Gravina e Sibilia è riuscito ad avere la maggioranza dei votanti con conseguente apertura alla più triste delle conseguenze in un momento di svolta così necessario come in questo momento sportivo per il calcio italiano: il commissariamento.

Ora, non intendiamo sicuramente affermare che un commissario straordinario non possa fare un egregio lavoro durante il proprio mandato. Tuttavia, la fattispecie che maggiormente preoccupa è come in un momento di grossa difficoltà ove ci si aspettava un movimento unito, sportivo e non, si sia palesata una grossa spaccatura sia a livello di candidati sia a livello di programmi da eseguire. Non sbilanciandoci troppo, ad onor del vero forse Damiano Tommasi poteva essere la soluzione più efficace in termini di visibilità ed affidabilità. Dopo anni alla guida dell’AIC, associazione italiana calciatori, avrebbe sicuramente meritato una postazione di comando volta al ringiovanimento e all’efficacia di determinati interventi posti all’interno del suo programma, il tutto condito da una ventata di aria fresca all’interno della Federazione. Comunque, Tommasi o non Tommasi, si spera ovviamente di poter avere un futuro roseo per il calcio italiano, e più in generale nel mondo dello sport, fatto di federazioni più forti ma, soprattutto, di consensi più larghi perché è veramente preoccupante che nelle difficoltà una nazione come la nostra non riesca più a formare un fronte unito.

di Luigi Colucci

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