Il calcio italiano si tinge ancora di rosso, come i conti dell’Arezzo calcio

Chi si occupa di materie economiche è a conoscenza del fatto che un bilancio di gestione rappresenti la cartina tornasole di ogni società, in cui si trovano tutte le risposte alle mille domande che ci si potrebbe porre qualora una mattina ci si svegli, si apre il giornale e si legge dell’ennesima società con enormi problematiche finanziarie sull’orlo del baratro economico.

Fa molta tristezza vedere sulle cronache sportive che oggi l’Arezzo calcio versa in condizioni critiche, con conti in rosso di diversi milioni di euro e giocatori improntati ad uno sciopero per protestare contro i mancati pagamenti da parte della società ai suoi dipendenti e tesserati.  Difficile pensare ad una soluzione pacifica e senza conseguenze, anche in virtù di diversi precedenti particolarmente noti all’opinione pubblica come il Parma, la Fiorentina nel 2002 e il Napoli nel 2004.

Storie già scritte, storie rinate grazie ad imprenditori facoltosi e non, capaci di prendere in mano le redini del gioco e mettere mano al portafogli per ripianare situazione deficitarie di notevole importanza. C’è chi è stato costretto a ripartire da categorie inferiori, c’è chi ha sfiorato il fallimento e c’è anche chi, nonostante gli sforzi profusi, non è riuscito a risolvere una situazione impossibile.

Al di là di eventuali soluzioni, è difficile pensare che nel 2018 un business come il calcio (che oramai è più un business che uno sport) non possa avere un regime economico “sano” che non comporti solo perdite croniche dal punto di vista finanziario. È ancora più difficile pensare che una classe dirigenziale possa far arrivare una squadra di calcio sull’orlo del fallimento, dove ovviamente i soggetti che ne pagheranno le conseguenze sono esclusivamente i creditori e i dipendenti. Eppure ciò che sta accadendo è lo stesso film (con cause diverse) di ciò che si è visto negli anni passati allorquando squadre illustri hanno perso il passo del calcio che conta, ripartendo da zero (o quasi). La domanda da porsi a questo punto è perché ri-succede un fatto simile?

La risposta è tanto banale quanto superflua (a questo punto): si spende di più rispetto a ciò che effettivamente entra. Parliamoci chiaro, non abbiamo un sistema economico-sportivo efficiente come quello inglese, per esempio. Fu abbastanza chiaro l’ad della Juventus Giuseppe Marotta quando qualche anno fa dichiarò alla stampa che nel giro di qualche anno l’ultima in classifica in Premier League avrebbe guadagnato quanto la prima in classifica in Italia. E questo fa pensare molto. Tuttavia, si spera che qualcuno dall’alto dei palazzi sportivi intervenga per porre un limite a questioni extra calcistiche che di certo non fanno bene allo sport, e al calcio italiano nello specifico.

Per quanto riguarda l’Arezzo calcio, speriamo che intervenga l’Aurelio De Laurentiis della situazione per porre nuove basi (più solide) ad una società che merita di più. D’altronde la favola del Napoli o della Fiorentina (ed in parte del Parma che piano piano sta risalendo) non possono essere considerate come semplici casi isolati. Per tutto il resto…c’è il calcio.

di Luigi Colucci

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