Giampaolo Letta sulla sede dell’Agenzia Ue: “Roma capitale di cultura”

Il presidente del gruppo tecnico di Unindustria su turismo, cultura e grandi eventi e amministratore delegato di Medusa, Giampaolo Letta, è stato intervistato da Il Messaggero sul possibile arrivo dell’Eacea, l’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura.

«Roma è la sede naturale di questa agenzia: è la capitale della cultura non solo europea ma anche mondiale. Sarebbe un segnale importantissimo di geopolitica culturale che a Roma venga riconosciuto questi ruolo anche dal punto di vista politico e comunitario».


Sarebbe quindi in primis un rilancio per l’immagine e l’appeal internazionale della Città eterna?
«Roma è stata sede della firma dei trattati nel 1957, che hanno dato il via all’attuale Unione europea. Ora stiamo vivendo una fase di riconquista del ruolo internazionale dell’Italia: grazie al presidente Mattarella e a Mario Draghi, ma anche alla vittoria agli Europei di calcio e agli ori olimpici, che contribuiscono a rimettere Il Paese al centro dell’attenzione, dopo troppo tempo. Un’occasione importante arriva anche dai ruoli di primo piano che italiani e romani occupano nei vertici europei: da Sassoli a Smeriglio, da Gentiloni al direttore dell’Agenzia stessa, Roberto Carlini».

In concreto cosa cambierebbe?
«In ottica industriale sarebbe segnale molto importante. Non solo di consacrazione di una realtà che negli anni è andata via via crescendo, ma anche per il presente: nell’audiovisivo, in particolare, Roma è tornata centrale, grazie a politiche statali e regionali di incentivazioni a investire nel settore».

A cosa attribuisce questa inversione di tendenza?
«La cosa importante è che in questi anni si sono attivati importanti investimenti privati, anche da investitori stranieri, valorizzando professionalità italiane che sono tra le più importanti e apprezzate al mondo. Grazie agli incentivi fiscali, ma anche a un tessuto imprenditoriale di aziende che si è rinnovato e riesce sempre più a stare al passo della competizione internazionale: abbiamo le carte in regola per farlo».

C’è stato un cambio di passo anche nella valorizzazione dei beni culturali a Roma?
«A Roma abbiamo assistito a un nuovo rapporto tra pubblico a privato: a cominciare dall’importante investimento di Diego Della Valle per il restauro del Colosseo, a quello per il Mausoleo di Augusto con Tim, fino ai progetti realizzati insieme a Bulgari, Fendi, Laura Biagiotti e altre importanti maison. Un rapporto sempre più stretto è fondamentale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali, archeologici e ambientali. E c’è un approccio molto più collaborativo e aperto anche da parte delle pubbliche amministrazioni. A questo proposito vorrei citare il protocollo di intesa siglato tra Unindustria e Roma Capitale per il recupero, la valorizzazione e il miglioramento della fruizione da parte dei cittadini del Parco dei Daini di Villa Borghese, con il progetto denominato Economia della Bellezza».

I prossimi anni rappresentano un’occasione decisiva per questo processo?
«Assolutamente sì. Ci sono una serie di opportunità che non arrivano dall’alto, ma che sono state costruite nel tempo. A partire dal Pnrr e dai grandi eventi, con la loro capacità di generare Pil sulla città e sul territorio: dalla Ryder Cup del 2023, al Giubileo del 2025, che sarà un’occasione importante di sviluppo della città, fino alla candidatura per Expo 2030».

Fino ad alcuni anni fa a Roma era idea diffusa che con la cultura non si mangia.
«Sicuramente l’approccio è cambiato negli anni, anche con l’apporto dei privati. L’amministrazione è più sensibile sia a livello statale che regionale e, in parte, anche comunale. Le idee sulla cultura statica sono state smentite dai fatti: nel Lazio, e soprattutto a Roma, tutto il sistema creativo occupa decine di migliaia di persone e contribuisce al Pil in maniera significativa».

Ritiene che questo tema stia avendo il giusto peso nella campagna elettorale per il Campidoglio?
«Nelle ultime settimane mi sembra che il tema cultura stia entrando nel dibattito, grazie ad alcuni candidati. Non mi dispiacerebbe, da romano e da presidente di un comitato tecnico di Unindustria, che la riorganizzazione di questo settore nella città sia posto al centro della discussione, aldilà dell’accordo di tutti sull’approdo dell’Agenzia europea».

Crede che anche l’atteggiamento verso i grandi eventi stia cambiando?
«Questo tipo di eventi che vanno visti più in prospettiva: per le ricadute sui cittadini e sugli abitanti della città. Noi abbiamo ancora i benefici del Giubileo del 2000, ma anche dei vituperati Mondiali di Italia 90, come la terza corsia del Gra e altre infrastrutture create per quella occasione».

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