Pfizer, la seconda dose spostata a 35 giorni dalla prima. Il ricorso dei cittadini al Tar

Spostata di 14 giorni la data dell’appuntamento per il richiamo al vaccino Pfizer; i cittadini in attesa dell’iniezione sono pronti a ricorrere alle vie legali.

“Dopo un confronto con diversi legali –  scrive la coordinatrice del gruppo che ha aperto una pagina Facebook per raccogliere le firme –, informiamo che ci sono i presupposti per procedere attraverso un ricorso al Tar in urgenza per chiedere la sospensiva del provvedimento con cui il richiamo del vaccino Pfizer viene posticipato da 21 a 35 giorni”.

Da parte di chi ha organizzato l’azione legale spiegano: “Il consenso informato è vincolante; Aifa e Ema dicono di fare il richiamo dopo tre settimane”.

“I cittadini non sono cavie da laboratorio – dichiara Francesco Iacovone, del Cobas nazionale – non c’è alcuno studio scientifico alla base della decisione e della relativa circolare della Direzione Regionale Salute e Integrazione Sociosanitaria del 10 maggio 2021. E appellarsi alla valutazione empirica della Gran Bretagna è scorretto e fuorviante perché quel Paese ha affrontato un lockdown duro di ben 3 mesi, ha abbattuto la trasmissione virale e gli effetti sulla salute e sulla copertura vaccinale della dilatazione nel tempo della seconda dose non li conosciamo affatto.
Nel pomeriggio ci vedremo con i legali – prosegue – la sospensiva è un’auspicata decisione da parte del Tar, siamo certi delle nostre ragioni e delle evidenze della scienza. Una decisione politica, che vorrebbe mascherare le incapacità di chi prometteva miracoli, non può ricadere sulla salute dei cittadini.
Siamo certi che a noi si uniranno molti altri, stanchi di essere usati dalla propaganda e che non vogliono subire le decisioni antiscientifiche, perché il vero dramma sarebbe quello di ampliare il fronte NoVax. E il nostro Paese, che ha sofferto più di altri gli effetti nefasti della Pandemia, non se lo può permettere. La Regione Lazio cambi rotta e lo faccia in fretta”, conclude Iacovone. 

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