Comitato Cura Domiciliare Covid-19: esposto presso la Procura per far luce sulla gestione dell’emergenza Covid

L’avvocato Erich Grimaldi, presidente del Comitato Cura Domiciliare Covid-19, ha depositato un
esposto presso la Procura della Repubblica di Roma e presso la Procura della Repubblica di
Bergamo, per chiedere alla magistratura di far luce sulla gestione dell’emergenza Covid,
relativamente alle cure domiciliari, al coordinamento della sanità territoriale, al mancato
coinvolgimento dei medici di medicina generale che hanno curato a domicilio e in telemedicina
migliaia di persone nella redazione dei protocolli ministeriali, come chiesto dal Senato della
Repubblica l’8 aprile 2021, e relativamente al sistematico ignorare da parte delle istituzioni, la
disponibilità data a collaborare da questi medici e la richiesta di poter effettuare studi randomizzati
su diversi farmaci potenzialmente utili alla lotta alla pandemia, parallelamente alla campagna
vaccinale.

“Abbiamo lavorato duramente per due anni, la mia prima richiesta di prendere contatti con i medici,
lavorare a un protocollo di cura domiciliare univoco nazionale, tramite posta certificata, risale al 30
aprile 2020”, spiega Erich Grimaldi, “da allora è stato un continuo tentare di dialogare con il
Ministero della Salute, offrire esperienze, disponibilità, per poter dare una risposta a questa grave
emergenza, ma nonostante un tentativo da parte del Sottosegretario alla Salute Sileri di organizzare
un tavolo di lavoro che coinvolgesse i medici che hanno curato i malati Covid in fase precoce, non è
stata data alcuna possibilità a queste centinaia di professionisti di portare il proprio bagaglio di
esperienze al servizio delle istituzioni, senza considerare il voto del Senato della Repubblica,
totalmente ignorato. Solo qualche giorno fa ho chiesto al Sottosegretario Costa, durante un incontro
pubblico, il perché di quanto accaduto, non ha voluto rispondere ed ha abbandonato il palco”.
Grimaldi ha portato in Tribunale diverse istanze, per cristallizzare la libertà prescrittiva per i
medici, per cercare di abolire la ‘vigile attesa’, per chiedere conto del mancato utilizzo degli anticorpi
monoclonali (fu lui a denunciare il mancato rifornimento gratuito di diecimila dosi da parte
dell’americana Ely Lilly per scelta di Aifa), tentando costantemente di dialogare con il Ministro della
Salute e il Dipartimento di Prevenzione. “Chiedo alla magistratura di vagliare ogni nostra azione, per
sgombrare il campo da qualunque polemica e accusa infondata relativa l’operato dei nostri medici,
ma di vagliare soprattutto le mancate risposte delle istituzioni, perché qualcosa non ha funzionato
ed è un diritto dei cittadini capire il perché. L’apporto di chi ha lottato e curato i pazienti a domicilio
fin dalla prima ondata sarebbe ed è fondamentale per sconfiggere questa malattia”.

Infine ha aggiunto:
“ancora oggi riceviamo centinaia di richieste di aiuto di persone abbandonate a casa dai medici di
medicina generale, vaccinate e non vaccinate, malate di Covid, alle quali viene ancora detto di
attendere l’evolversi della malattia assumendo solo paracetamolo. Linee guida o meno, questo è
quanto ha prodotto questa gestione, è giusto che si faccia luce su eventuali responsabilità”.
“In questi due anni ciò che mi ha lasciato davvero basita è il funzionamento del ‘sistema’ di questo
paese, da giornalista ho trovato e trovo ancora oggi inconcepibile la mancanza di approfondimento
di una vicenda, in una situazione come questa, sia da parte delle istituzioni che della stampa – spiega
Valentina Rigano, giornalista e portavoce volontaria del Comitato Cura Domiciliare Covid-19 – a
prescindere da quanto sarebbe potuto o meno andare diversamente, la mancanza di voglia di dialogare,
di ascoltare e capire, in un momento di emergenza come quello che abbiamo vissuto e continuiamo a
vivere è inconcepibile in un paese come l’Italia. La Sanità, le Istituzioni, dovrebbero aprire le
porte a chiunque paventi una soluzione ad un grave problema e porti esperienza diretta, perché
le istituzioni appartengono a tutti e non bisognerebbe chiedere reverente ‘permesso’ per essere
ascoltati. La sola difficoltà di ottenere un dialogo con i Dipartimenti e le stesse Istituzioni, che ho
provato personalmente, non è accettabile durante una pandemia”.

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