Lo smartphone aiuta a prevenire gli ictus: l’incredibile studio del Campus Bio Medico

Uno studio del Campus romano rivela come gli apparecchi cellulari possano aiutare a prevenire gli ictus e le eventuali recidive

Lo smartphone è diventato un elemento fondamentale delle nostre vite: ci permette di chiamare, restare aggiornati sui fatti di cronaca, chattare, inviare video e attraverso innumerevoli app riesce ad aiutarci nei piccoli e grandi appuntamenti quotidiani. Ora, secondo uno studio del Campus Bio Medico di Roma, può anche salvarci la vita.

Il telefono cellulare può salvare la vita in caso di ictus. Lo studio del Parco Bio Medico di Roma parla chiaro – Roma.Cityrumors.it

Un gruppo di scienziati e ricercatori ha portato avanti uno studio accurato ed ha accertato che l’utilizzo dello smartphone può prevenire gli ictus, grazie ad una serie di dispositivi che sono collegabili al telefonino e che possono aiutarci a monitorare la frequenza cardiaca e a misurare alcuni parametri vitali. Elementi che rappresentano un grande aiuto nell’identificazione dell’ictus.

Lo studio è stato condotto con il Supporto della Fondazione Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) ed è stato pubblicato su ‘Frontiers in Neurology’. Nella relazione si evince che, grazie all’utilizzo delle apparecchiature mobili sono stati riscontrati precocemente segnali di fibrillazione atriale, un’aritmia cardiaca causa di ictus, che hanno consentito di agire subito con la corretta terapia di prevenzione (un farmaco anticoagulante).

“In Italia ricorda una nota – si verifica un ictus ogni tre minuti e questa patologia rappresenta la terza causa di morte e la più frequente causa di disabilità permanente negli adulti. Molti casi di ictus sono collegabili ad aritmie cardiache spesso asintomatiche o a picchi ipertensivi ricorrenti, anche questi asintomatici. Ma un significativo numero di ictus rimane apparentemente senza una causa e in questi casi è molto difficile prescrivere una terapia efficace in grado di scongiurare la ricorrenza dell’ischemia cerebrale”.

Pazienti seguiti con smartwatch di ultima generazione

Nuove e più sofisticate tecnologie sono state valutate attraverso questo studi per la prevenzione secondaria degli eventi cerebrovascolari in pazienti che avevano avuto un attacco ischemico transitorio o Tia (transient ischemic attack) o un ‘minor stroke’ (ischemia cerebrale con sintomi lievi). Sono stati reclutati 161 pazienti, 87 nel gruppo di studio, 74 nel gruppo di controllo. Questi pazienti sono stati seguiti con particolare attenzione: monitorati con uno smartwatch di ultima generazione in grado di registrare l’elettrocardiogramma e dispositivi collegabili allo stesso smartwatch attraverso i quali è possibile effettuare la misurazione della pressione arteriosa e la saturazione di ossigeno nel sangue.

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Gli smartphone possono aiutare le persone a prevenire gli ictus (roma.cityrumors.it)

I dispositivi consegnati ai pazienti erano tutti dotati di bluetooth, che consentiva di registrare e verificare seduta stante i dati raccolti. Unica raccomandazione, quella di indossare il dispositivo il più a lungo possibile per permettere la registrazione continuativa dei principali parametri, che venivano poi valutati dai ricercatori:  frequenza e variabilità del ritmo cardiaco, movimento, passi, etc. Gli smartwatch permettevano poi di seguire anche la pressione arteriosa e di valutare la saturazione dell’ossigeno, oltre alla registrazione dell’elettrocardiogramma. Tutti i dati venivano poi integrati con la classica valutazione clinica per avere un quadro più dettagliato e preciso dello stato di salute globale del paziente e per poter personalizzare le decisioni terapeutiche. Nel gruppo di studio sono stati identificati 9 episodi di fibrillazione atriale contro i 3 identificati nel gruppo di controllo.

“Riscontrate numerose fibrillazioni”

“Il numero di fibrillazioni atriali riscontrate nel gruppo dei pazienti oggetto dello studio è notevole”, commenta Vincenzo Di Lazzaro, ordinario di neurologia, direttore dell’Unità di neurologia presso il Campus Bio-Medico e responsabile dello studio, osserva. “La fibrillazione atriale prosegue – è un killer silenzioso perché spesso è asintomatica, il paziente può non accorgersi fino a quando non si manifestano le sue catastrofiche conseguenze che possono portare fino a un’embolia cerebrale. Altrettanto notevoli sono i dati raccolti sulla misurazione della pressione arteriosa, che ci permettono di avere un quadro dell’andamento dei valori pressori nella vita quotidiana. Raccogliere dati nella quotidianità è essenziale per programmare interventi di prevenzione personalizzati. L’utilizzo delle nuove tecnologie apre nuovi scenari per la prevenzione degli eventi cerebrovascolari, nell’ambito della cosiddetta medicina di precisione”.

Il Campus Bio Medico a Roma ha portato avanti questo studio in collaborazione con Ania. Gli amrtphone, collegati a smartwatch hanno regalato preziose risposte ed aiuti concreti – Roma.Cityrumors.it

La nota redatta dal Campus Bio Medico spiega come questo nuovo studio non solo è fattibile e di facile applicazione, “come si desume dagli ottimi dati sulla compliance e sulla soddisfazione dei pazienti – si legge nella nota – ma è risultato efficace anche nel migliorare la gestione delle fasi successive alla dimissione dall’ospedale”. Fioravante Capone, neurologo del Policlinico Campus Bio-Medico e co-autore dello studio, commenta: “I dati presenti in letteratura ci dicono che dopo un ictus o un Tia ci sia un rischio non trascurabile di recidiva, cioè che l’evento possa ripetersi nel periodo successivo. Questo rischio è quantificabile nel 15-20% dei pazienti a 5 anni dal primo evento, soprattutto nelle fasi immediatamente successive a Tia o ictus. È significativo – continua Capone –  osservare che, sebbene la gestione dell’ictus in fase acuta sia notevolmente migliorata – come dimostrato dalla netta diminuzione della mortalità nel corso degli ultimi due decenni – il tasso di recidiva dell’ischemia cerebrale è rimasto sostanzialmente invariato, ad indicare che c’è ancora molto da fare a riguardo. L’insieme degli interventi finalizzati a ridurre il rischio di recidiva è ciò che intendiamo con il termine prevenzione secondaria”.

Un programma che aiuta ad evitare i casi di recidiva

“Quando il paziente torna alla sua vita normale il rischio di recidiva è più alto. Cercavamo un approccio che non fosse solo efficacespiega Francesco Motolese, neurologo del Campus Bio-Medico e co-autore dello studioma anche facilmente attuabile da tutti i pazienti, a prescindere da età, alfabetizzazione digitale o scolarizzazione. Questi strumenti permettono di monitorare in continuo e senza sforzo molti parametri fisiologici o misurare un vero e proprio elettrocardiogramma con un dito. Con il nostro studio abbiamo verificato se questo approccio fosse applicabile all’ictus, una patologia che colpisce all’incirca 200mila italiani ogni anno. I risultati ci confermano che le nuove tecnologie possono rappresentare un valore aggiunto nel seguire questi pazienti anche al di fuori dell’ambiente ospedaliero e per periodi prolungati”.

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