“Il mondo non è stato creato una volta, ma tutte le volte che è sopravvenuto un artista originale” (Marcel Proust).
Nella suggestiva cornice del Palazzo Chigi di Formello si è svolta nella giornata di venerdì 26/01/2018 un’interessante e attuale tavola rotonda incentrata sulla tematica dell’arte e della cultura contemporanea.
Mai come in questo periodo nel panorama culturale italiano ed europeo si stagliano nuovi focolai di rinascita e curiosità nei confronti dell’arte, della pittura, della scultura e, finanche, dell’iconografia religiosa, la quale torna ad essere al centro di numerosi e ferventi dibattiti.
Durante il simposio sono intervenuti alcuni tra i più accreditati e riconosciuti esponenti della cultura ed arte italiana, artisti come Ernesto La Magna, Stefano Ciotti, ed il protagonista assoluto José Van Roy Dalì; giornalisti del calibro di Marina Como, i quali, attraverso le loro testimonianze ed esperienze hanno permesso a tutti gli intervenuti di immergersi nella realtà e attualità di un mondo che torna a farsi spazio nella coscienza culturale dei nostri tempi.
L’incontro con il maestro Josè Dalì è stato del tutto particolare, ci siamo imbattuti in lui nel chiostro interno del palazzo; dopo aver rotto il ghiaccio con qualche battuta di spirito, abbiamo cominciato con l’intervista diretta al maestro.
“Volevamo capire quali erano i principi ispiratori della sua arte, con contaminazioni da suo padre o no?” la risposta del maestro a questa domanda ci lascia colmi di rispetto ed ammirazione: “Mio padre ha dato ispirazione a buona parte del mondo artistico, io prendo però ispirazione dalla vita e da quello che mi trasmette, non dipingo per vendere ma per esprimermi”. La dedizione all’arte nelle sue forme meno terrene e più trascendentali, lascia chi ascolta il maestro Dalì con un sorriso, il sorriso di chi sa di aver davanti una persona i cui ideali non si fermano al mero materialismo, ma procedono fino all’estetica riflessiva, all’interiorità manifesta ed alla bellezza libera Kantiana; quest’ ultima intesa come la bellezza che non presuppone alcun oggetto di ciò che l’oggetto deve essere.
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