Intervista ad Antonio Giuliani

Maestro, regista teatrale e attore. Un artista vero che non nasconde la propria anima.

Giorgio De Chirico una volta ha detto: “La potenza intellettuale di un uomo si misura dalla dose di umorismo che è capace di utilizzare”.

Antonio Giuliani è un artista a tutto tondo. Nato con l’indole da comico cabarettista, si è distinto come attore, regista e sceneggiatore teatrale. È impegnato nel sociale, ma non ama divulgarlo; odia le ostentazioni di un gesto che ognuno dovrebbe compiere per il bene dell’altro e non per pubblicità personale.

Com’è nata la tua passione per la recitazione?

Fin da bambino ho sempre avuto un’indole comica, scherzavo, ridevo… mi ricordo che a Natale invece di aspettare il momento di aprire i regali aspettavano tutti quanti che io uscissi, arrivassi nel salone dove stavano mangiando, e li intrattenessi con imitazioni, travestimenti… Rubavo i vestiti dei miei genitori, imitavo i miei zii, i cugini, e tutti si mettevano a ridere. 

Quando ho iniziato questo lavoro ho cominciato come monologhista, a Roma si diceva “battutaro” perché non c’era un passaggio diretto tra un discorso e un altro, ma varie battute su diversi argomenti che avevano presa diretta sul pubblico.

Con il tempo mi è stata data la possibilità di portare in scena una mia commedia “Che fine ha fatto Cenerentola” al Teatro Parioli, è stato lì che ho scoperto un grande amore per il teatro. 

Inizialmente, quando ho incominciato a recitare ho avuto diverse difficoltà: dovevo pulire il mio dialetto romano, la mia aggressività a livello cabarettistico… oltretutto, avendo solo la terza media, ho dovuto iniziare a leggere, studiare, fare un percorso che avrei dovuto intraprendere molto tempo prima. Proprio per questo dico sempre ai ragazzi che è fondamentale studiare, crearsi delle basi solide prima di intraprendere qualsiasi tipo di carriera.

Con la mia prima commedia e il riscontro positivo da parte del pubblico e di registi importanti, ho capito che potevo fare davvero questo lavoro. Il mio amore per il teatro è sfociato poi in un amore per la scrittura e per la regia teatrale.

Quando ho iniziato ad annoiarmi di lavorare con persone famose, ho deciso di lavorare con i ragazzi, entravo nei piccoli teatri di Roma e me li andavo a scegliere, li portavo al Teatro Parioli e per loro era una grandissima emozione.

Gestisci e dirigi corsi di teatro gratuiti per giovani, cosa ti ha portato ad intraprendere questo percorso di insegnamento?

Quando ho iniziato, circa trent’anni fa, avevo ventidue anni, e non esisteva la possibilità di partecipare ad un corso gratuito.

Quando andavi a fare i provini ti trattavano molto male. Fare un provino per programmi come “La sai l’ultima?”, “Sì, sì, è proprio lui”, “Ci siamo!?!” tutte trasmissioni in cui servivano dei comici, costituiva una grande opportunità, poteva essere la svolta della vita, perciò non si presentava solo chi aveva già un indole, una dote da comico, ma si presentavano tutti… e mi presentai anche io… che in quel periodo lavoravo come operaio. 

Immagina che si sono presentate ai provini circa 800 persone ed erano quasi tutte di Roma, quando sono entrato io mi hanno liquidato dicendo:  “Un altro romano? Basta!” e non mi hanno neanche fatto esibire. Queste sono cose che ti colpiscono, come quando bevi tanto una sera, stai male e decidi di non bere per un anno. Mi sono portato dentro quelle parole per molto tempo. Penso che possa capitare di essere nervoso dopo molti provini, ma credo fermamente che il rispetto delle persone, della dignità umana, debba essere sempre al primo posto. Mentre lavoravo al cantiere pensavo: “Se un giorno dovessi avere una piccola voce in capitolo, vorrei fare qualcosa per i giovani, dato che per noi non è stato fatto.”

Ho aperto questi corsi di teatro proprio in virtù di questo pensiero, facendoli sempre gratuitamente, rimettendoci fatica, tempo, denaro.

Io non sono una persona stupenda, ho tantissimi difetti come tutti, ma credo che la consapevolezza che un giovane debba pagare per il mio corso non mi farebbe mettere tutta la passione che metto per questi ragazzi, perché c’è un lucro dietro e non mi piace… invece così so che i ragazzi vengono perché hanno la possibilità di fare gratuitamente un corso ed io do loro ancora di più, do l’anima.

Totò diceva: “La felicità è fatta di attimi di dimenticanza”. Cos’è per te la comicità? Che ruolo ha nella tua vita?

Faccio il comico per lavoro ma la mia comicità è istintiva, quando ho delle battute di reazione nascono nell’immediato e non perché ci penso o ci ragiono su. Anche il fatto di essere romano mi ha aiutato molto nell’avere un’ironia naturale. Quando sto sul palco e faccio il comico, sentire le risate, gli applausi… vuol dire sentire un brivido che parte dal pubblico, striscia lungo il pavimento, sul palcoscenico, e ti corre lungo la schiena.

Nella vita quotidiana rido con mio figlio, mi piace scherzare… ma se sto a cena con amici non mi metto a fare battute, non mi piace che le persone possano pensare che uno deve fare il comico per forza per far ridere, per farsi notare. 

Credo che la vita privata debba rimanere sempre separata dallo spettacolo. Poi è chiaro che se a tavola mi capita di fare una battuta la faccio. L’altro giorno ad esempio sono andato in pizzeria con i compagni di mio figlio dopo una sua partita, e c’era un suo amico che si è messo a tirare il sale dietro alle spalle perché glielo avevano passato senza posarlo sul tavolo.  Io gli ho detto: “Scusa, ma tu ti metti a tirare il sale dietro alle spalle?” “Sì, perché così allontano la iella.” “Ho capito ma a questo dietro gli hai fatto alzare la pressione a duemila.” Abbiamo riso tutti insieme, ma poi mi sono fermato lì. Non mi piace fare una battuta dietro l’altra per mettermi in mostra.

Partecipi a molti progetti che riguardano il volontariato,  le Onlus…

Sei la prima giornalista con cui decido di parlare di questo argomento.

Io vengo da una zona di Roma molto pesante, Primavalle, adesso è migliorata ma cinquanta anni fa era una zona davvero terribile. Ho visto morire tanti miei amici, io sono stato fortunato, ma dare una mano per me è diventato fondamentale. 

Mia madre, che ora ha ottant’anni, ha sempre aiutato molto il prossimo. Ricordo che prendeva il Messaggero, leggeva di una persona che aveva bisogno di essere accudita, che non aveva parenti, e si presentava subito all’ospedale per dare una mano. Questa cosa me l’ha sempre trasmessa e ricordata… tutt’ora quando vado a trovarla mi ripete: “Stai dando una mano? Dai una mano, eh? Perché c’è chi soffre… Perché tu stai bene, perché tu sei diventato famoso…” 

Devo dire la verità, il 90% dell’aiuto che do è tutto rivolto ai bambini e mi piace essere corretto in questo, è per questo motivo che all’inizio di ogni spettacolo, spesso al Teatro Orione, faccio vedere il bonifico devoluto all’Associazione con il ricavato dello spettacolo precedente.

Sono stato testimonial dell’Associazione Peter Pan Onlus per cinque anni, poi un giorno, grazie a mia madre mi sono avvicinato anche all’Associazione Andrea Tudisco Onlus. Sono attività a cui tengo molto.

Il 7 ottobre sarai presente all’evento di solidarietà “Ridiamoci su 2019” presentato dall’Associazione Andrea Tudisco Onlus presso il Teatro Olimpico di Roma. Quali sono i prossimi appuntamenti in cui potremo vederti?

Il nuovo spettacolo “Insensibile” uscito a febbraio, è stato comprato dall’emittente televisiva italiana Comedy Central su cui andrà in onda da ottobre a novembre. Abbiamo un film già scritto in programma… parlo al plurale perché tu sai che la mia anima gemella artistica è Maurizio Francabandiera, che scrive assieme a me da tantissimo tempo. Ad ogni modo… sono Capricorno, perciò devo prima concludere tutti gli altri impegni per dedicarmici completamente; se do la parola è per sempre.

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