Visioni di Roma: la passione di Marga Lupino

Marcello Gallian (Roma, 1902-1968) è stato uno scrittore maltrattato perché nella sua vita, oltre ad amare la letteratura, ha molto amato Benito Mussolini e il fascismo. Ma questo amore è stato ricambiato? Molto poco, direi. Era infatti legato al fascismo della prima ora, quello vitalistico, anarchico e rivoluzionario, ma nel momento in cui il Duce prese il potere con la forza le cose cambiarono e la sua posizione entrò in contrasto con i nuovi valori del regime.

Il suo sguardo e la sua penna fortemente espressionistica, che non nasconde nulla, anzi amplifica, si soffermano molto spesso sugli emarginati, i reietti della società, in particolare le prostitute, a cui fa assumere un ruolo fondamentale nelle sue opere.

Durante il fascismo però non si poteva parlare di sesso e tantomeno di prostituzione, poiché il matrimonio cattolico era l’unica forma ammessa di unione tra individui e doveva avere lo scopo di generare figli che sarebbero diventati soldati/difensori della patria; chi parlava di argomenti scabrosi faceva “arte degenerata”.

Nell’opera teatrale di Gallian La scoperta della terra una prostituta, Elisabetta, si mette a capo di un gruppo di minatori reduci da una rivolta contro i padroni per condurli in Sicilia, facendosi guidare dal suo fiuto e dal profumo delle zagare, che uno di loro aveva portato con sé per ricordo. Inventa un piatto unico dove tutti possono mangiare senza distinzione tra bianchi, neri e gialli, e non si nega a nessuno, a tutti infatti elargisce i suoi favori sessuali. Durante il viaggio scoprirà di essere incinta e deciderà di abortire in quanto, essendo stata a letto con tutti, il bambino non avrebbe avuto un’identità perché non avrebbe mai saputo chi era suo padre. La pièce andò in scena al Teatro Manzoni il 27 giugno 1930 e incappò immediatamente nelle ire del Ministero della stampa e della propaganda, che la censurò vietandone la rappresentazione e la pubblicazione.

Un’altra stoccata dagli esponenti del suo partito Gallian la ebbe nel 1935, anno in cui uscì il romanzo In fondo al quartiere. In realtà fu la censura a ordinare il cambio del titolo, che in origine era Bassofondo, e a costringere l’autore a togliere gli ultimi quattro capitoli, ambientati appunto in un bordello. Nel romanzo si parla della relazione tra un ragazzo, Giovanni, e una vecchia merciaia, Lisa Matrona, tema non molto gradito al regime, ma l’autore alla fine aggiunge i quattro capitoli ritenuti scandalosi, in effetti abbastanza autonomi rispetto alla trama principale, in cui presenta il personaggio di Marga Lupino.

“Su una donna di malaffare, un giro del mondo può non lasciare impressioni, come su certi naviganti e capitani di lungo corso che, scaricati passeggeri o mercanzie, se ne tornano all’ostello natio o alla città di provenienza. In fondo Marga Lupino era una sedentaria che poteva aver girato il mondo in lungo e in largo, da cima a fondo, sbattuta ai quattro cantoni di una stanza che risultava essere alla fine il pianeta.”

Gallian

Donna cosmopolita e calcolatrice, questa prostituta ha un sogno, quello di guadagnare il denaro necessario per poter andare a Roma e trascorrervi venti giorni.

“Il molto denaro messo da parte non era frutto di risparmio in vista della vecchiaia, ma calcolo preciso e ordinato nella speranza di poter un giorno capitare a Roma e viverci venti giorni a suo beneplacito: e dopo, il diluvio: dopo, la morte: dopo, nulla. […] ogni donna ha una mania, la mania di Marga Lupino era Roma. Un’idea fissa, un orgoglio smisurato, un gioco, un destino, una religione, un formidabile tic nervoso, che era divenuto moda ed eleganza per fino: la Mecca per lei, come Parigi ai primi del Novecento, come l’Australia per i pionieri, come il Trasvaal per i cercatori d’oro. Roma era una grande collezione riservata. Tra i suoi piccoli capricci figuravano i francobolli trovati sulle buste, dove ora una lupa, ora una cupola, ora una donna ben drappeggiata simboleggiavano la sua città”.

Di questo suo desiderio Marga non parla con nessuno, perché non ne sente il bisogno, ha Roma nel sangue. Pur essendo una prostituta, non accetta di essere una schiava come le altre donne assoggettate agli uomini, ricattate e costrette a fare quello che non vogliono. Lei preferisce soddisfare i maschi, mettendoli tutti sullo stesso piano, e perseguire il suo obiettivo.

“Piuttosto che girar libera di amore in amore, piuttosto che passionare da uomo a uomo senza catene, piuttosto che affidarsi di continuo, non legata, ai desideri variati degli infiniti letti, meglio, meglio davvero far professione e soddisfare di regola e di puntualità gli interessi maschili della folla anonima e agiata: folla che non gode, folla che non affatica, paga solo di straverie e di ghiribizzi”.

Quando finalmente arriva a Roma ha un momento di smarrimento, perché nel vedere i volti, le strade, le case, tutto ciò che c’è nella capitale, prova un senso di appartenenza. La sua città le appare gloriosa e provinciale, e pensa che tutto il mondo che ha percorso sia solo una parentesi, che tutto viva alle spalle di Roma.

“I paesi visitati assumevano, ora, per lei una fisionomia di vacanza. Il mondo, al paragone della penisola, era piuttosto una giostra, una pazza comitiva di abitanti. Affari importanti. In un attimo di abbattimento, pensò che ormai stava vicina alla tomba della madre: ma non pianse per sua madre. Le interessava la faccenda. Chi erano i suoi clienti? Dante e Michelangelo. Dove li aveva visti? Dappertutto, fino alla gola. I principi facevano ancora i machiavelli. Cristo conosciuto dappertutto a Roma. Il mondo viveva alle spalle di questa città, di questa sua città, affaticata, gloriosa e provinciale.”

Il mio consiglio di oggi: riflettere sui pensieri di Marga Lupino, coglierne il senso e riscoprire Gallian.

Alessandro Gerundino

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