Le donne e la magistratura

Oggi, 8 marzo, giorno della festa delle donne, è opportuno ricordare l’impegno profuso da una scrittrice, Alba de Céspedes, e da un avvocato penalista, Maria Bassino, per i diritti delle donne e per l’Italia.

Nel 1943 Alba de Céspedes, figlia di un diplomatico cubano e scrittrice nota al grande pubblico grazie al successo del suo primo romanzo «Nessuno torna indietro» pubblicato nel 1938, fuggì da Roma con il suo compagno Franco Bounous e attraversò le linee trovando rifugio nel Sud Italia; da quel momento iniziò a collaborare con Radio Bari e Radio Napoli raccontando la lotta partigiana sotto lo pseudonimo di Clorinda, la celebre guerriera della «Gerusalemme Liberata» del Tasso.

donneMa l’impegno della scrittrice non si limitò all’attività radiofonica. Nel settembre 1944, mentre mezza Italia era ancora occupata dai tedeschi e dai fascisti, uscì a Roma sotto la sua direzione il primo numero di «Mercurio». «Mensile di politica, arti e scienze» recitava il sottotitolo, che illustrava i temi di cui si occupava la rivista, ai quali nel novembre-dicembre 1946 si sarebbero aggiunte le «lettere».

Questa iniziativa era animata dallo spirito dalla Resistenza e voleva dare il suo contributo ad essa, come le imprese dei partigiani, il lavoro dei partiti politici e anche l’attività artistica e intellettuale. La rivista ebbe una vita relativamente breve, infatti il trentanovesimo e ultimo numero uscì nel giugno 1948, ma lasciò un segno profondo nella coscienza degli italiani i quali, dopo il ventennio fascista, scelsero la democrazia, la Repubblica e assistettero alla nascita della Costituzione.

Questi fondamentali momenti della nostra storia vennero ripercorsi, commentati e approfonditi tra le pagine di «Mercurio» da scrittori e intellettuali del calibro di Corrado Alvaro, Vittorio Foa, Alberto Moravia e altri. Il voto alle donne e il loro accesso alla carica di magistrato sono al centro di un importante dibattito che si svolge a più riprese tra il ‘45 e il ’48 in concomitanza con la preparazione del testo della Costituzione; ad animarlo Alba de Céspedes, Maria Bassino e Natalia Ginzburg.

Sul numero triplo di «Mercurio» del marzo-giugno ‘48 la Ginzburg scrive un articolo in cui, partendo da un’analisi dell’interiorità femminile, parla delle difficoltà delle donne ad affermarsi nella vita politica e nella storia: «Le donne hanno la cattiva abitudine di cascare ogni tanto in un pozzo, di lasciarsi prendere da una tremenda malinconia, e annaspare per tornare a galla: questo è il vero guaio delle donne». Rispondendo all’amica con Lettera a Natalia, Alba de Céspedes riprende e rovescia la metafora del pozzo, sottolineando la capacità delle donne di risollevarsi dalle cadute portando con sé un bagaglio di esperienze maturate durante il viaggio nel proprio intimo: «Ogni volta che cadiamo nel pozzo noi scendiamo alle più profonde radici del nostro essere umano, e nel riaffiorare portiamo in noi esperienze tali che ci permettono di comprendere tutto quello che gli uomini – i quali non cadono mai nel pozzo- non comprenderanno mai». Il discorso vira rapidamente dal piano personale a quello storico e politico quando la scrittrice ricorda la battaglia portata avanti da Maria Bassino per l’ingresso delle donne in magistratura. «Anche i magistrati ignorano tutto ciò, perché i magistrati – appunto – sono uomini. E non è giusto che le donne siano giudicate soltanto da chi non conosce come esse sono veramente».

In quel periodo Alba de Céspedes stava lavorando a quello che sarebbe diventato uno dei suoi maggiori successi, il romanzo «Dalla parte di lei», pubblicato dalla casa editrice Mondadori nel 1949. La narrazione in prima persona si presenta come la memoria/confessione di una donna, Alessandra Corteggiani, che si trova in carcere a Roma per avere ucciso a colpi di pistola suo marito Francesco Minelli. Dopo un’infanzia vissuta come una favola, la vita della protagonista è sconvolta dal suicidio della madre. L’incontro con Francesco durante gli anni universitari sembra regalarle una gioia indicibile tuttavia, dopo il matrimonio e a cavallo della seconda guerra mondiale, Alessandra è di nuovo sola, trascurata, l’uomo che ama è diventato assente ed egoista come suo padre, un uomo che a letto si gira dall’altro lato dandole le spalle, che lei chiama “il muro”. Arrivata all’esasperazione, Alessandra preme il grilletto e finisce in carcere, tuttavia davanti al giudice non riesce a parlare e perciò inizia a scrivere la sua memoria, ammettendo la propria colpevolezza e raccontando la sua vita.

Il silenzio è dovuto al fatto che sia il magistrato sia l’avvocato difensore sono maschi. «Non ero mai riuscita a parlare fin dalla prima volta che il giudice mi aveva interrogato, aspro, ostile, dettando poi freddamente al cancelliere […] avevo iniziato a parlare con spontanea confidenza. Ma il giudice, subito, alla mia sincerità aveva opposto il suo sarcasmo, come faceva mio padre […] anche l’avvocato che mi difende, un abruzzese officiato da mio padre, sa poco di me. […] Credo che se avessi avuto per avvocato una donna mi sarebbe stato facile spiegarmi». I temi di attualità relativi al diritto delle donne ad essere ascoltate e a ricoprire la carica di magistrato transitano dalla rivista alla narrativa; per Alba anche la letteratura è impegno e lotta.

Il 28 giugno 1948 Maria Bassino, che pure scriveva sulla rivista, indirizza una lettera privata alla scrittrice in cui esprime la sua riconoscenza a nome di tutto il mondo femminile: «Non io difendo le donne, ma lei con la sua opera difende me e tutte le donne. E vince sempre la causa».

Il concorso in magistratura verrà aperto ad entrambi i sessi solo nel 1963, ma il lungo e tortuoso percorso per conseguire questo obiettivo inizia da «Mercurio», dai sogni e dalla forza delle donne.

Alessandro Gerundino

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